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Il Castello

Frazione del Comune di Castelfranco Emilia, Piumazzo appartiene al Comprensorio di Modena da cui dista 19 Km. E' posto nel piano a 56 metri sul livello del mare. L'origine del toponimo è duplice. Se ne ha una versione, infatti, che rientra negli schemi della leggenda e un' altra, invece, storicamente fondata. Riguardo alla prima, si vuole che un soldato, stanco di guerre e uccisioni, abbia affermato un giorno: "Non ammazzo più", da cui sarebbero derivate quelle due parole "Più mazzo" che, unite insieme, avrebbero dato il nome al luogo. Da accertarsi è la seconda versione, che nulla ha in comune con la precedente storiella. Piumazzo, infatti, fin dalle origini, fu indicato come "Castrum Plumacium", ossia "Castello Piumoso", con riferimento alle piume dei pioppi che, in primavera, sospinte dalla brezza, dilagano ovunque. Confortano questa tesi denominazioni successive come "Plumaccio" e " Piumaccio", che ben possono essere rapportate al toponimo originario.

PIMAZO ANNO 1203

Ricalco a mano eseguito dal Sig.Fabbri Arturo all'Archiginnasio di Bologna. L'originale è andato perduto.

Una prima notizia della località risale al 1127, quando i Bolognesi, secondo il Tiraboschi (1), tentarono una prima costruzione di un castello senza poi dar seguito all'iniziativa. Poco meno di un secolo dopo, invece, esattamente nel 1203, per contrastare l' avamposto modenese di San Cesario, i Bolognesi portarono a termine il loro intento. In origine, non fu che un campo trincerato, protetto da un palancato costruito con tronchi d'albero dei boschi vicini, ma si trattava di una struttura talmente vulnerabile che i Bolognesi si affrettarono a costruirvi torri di avvistamento e di difesa.

L’ubicazione del castello, isolato com’era e circondato da boschi e paludi, comunque destava preoccupazione. Così, si procedette ad un’intensa opera di disboscamento, per evitare che i nemici potessero giungere, non visti, ad aggredire la struttura fortificata. Si scavarono soprattutto, larghissime fosse attorno ad essa, che dovevano servire, come ben si comprende, da ulteriore ostacolo per gli eventuali aggressori.

Si provvide anche alla costruzione, di una chiesa, che fu dedicata a San Giacomo e che fu ultimata nel 1233.

Annessi alla chiesa, vi erano un monastero ed un’ospizio per i viandanti. Abbattuta perché divenuta inagibile, la chiesa di San Giacomo fu ricostruita dal 1900 al 1910, in stile romanico-bizantino, su progetto dell’architetto Gulli.

La costruzione del castello fu ultimata nel ‘300 e, secondo una cronaca del 1374, sembra che si trattasse di una costruzione di ragguardevoli dimensioni, cinta da un palancato ed un fossato ricolmo d’acqua. Aveva una sola porta in direzione di Bologna, custodita dagli armigeri comandati da un capitano. Nel recinto del castello, rivolta verso Modena, c’è una rocca, chiamata Rocca Magna, dove alloggiavano il castellano e il suo seguito.

Risulta dalle antiche cronache che la torre del castello andò distrutta nel 1420, durante un’assedio.

La sua ricostruzione avvenne da parte degli abitanti di Piumazzo in cambio dell’esenzione da una multa per il mancato pagamento delle tasse sul macinato. Alla base, vanta muri di oltre un metro e mezzo di spessore. Allo sguardo del visitatore si presenta come una massiccia costruzione quadrangolare, dotata di limitata finestratura, come ben s’addice ad un’opera di , e coronata da una merlatura guelfa. Il fossato che cingeva il castello cui si è già fatto cenno, era largo circa 30 metri e profondo 6. La terra risultante dallo scavo, che richiese oltre due secoli di lavoro, fu usata per realizzare quei terrapieni che, per la loro altezza, furono chiamati "le montagnole". Il fossato, alimentato dalle acque del Samoggia, che qui giungevano per mezzo del canale di Piumazzo, attualmente è stato colmato sul lato nord, conservando il suo aspetto originario a sud.

Appena costruito, il castello di Piumazzo fu teatro di lotte tra i Ghibellini modenesi e i Guelfi bolognesi, per questioni di confine. Nel 1226, l'imperatore Federico II (2), , sostenitore dei Ghibellini del nord d'Italia e della Toscana contro i Guelfi che si appoggiavano al papa, abrogò la decisione di Uberto Visconti, Podestà di Bologna, che fissava il confine del territorio modenese al torrente Muzza. Questo provvedimento accrebbe gli odi fra le due città, dando luogo a sanguinosi scontri, che culminarono, il 14 ottobre 1228, con l'occupazione di Piumazzo da parte dei Modenesi, favoriti in ciò dal tradimento dei valvassori preposti alla custodia del castello e sostenuti dall'alleanza con Cremona e Parma.

I Modenesi, però, non erano abbastanza potenti da poter conservare la posizione occupata e si ritirarono. I Bolognesi riebbero Piumazzo e i valvassori traditori furono lapidati. Trascorso l'inverno, San Cesario, caposaldo modenese fu l'obiettivo dei Bolognesi, che distrussero la fortezza. I Modenesi, in un primo momento, si ritirarono, ma poi, riorganizzatisi, attaccarono a loro volta i Bolognesi, volgendoli in fuga.

Questo alternarsi di vittorie e di sconfitte, che non conduceva ad alcun definitivo risultato, determinò nell'animo dei belligeranti uno stato di insofferenza tale verso tanti sanguinosi eventi da far insorgere un profondo desiderio di pace. Di questa si fece intermediario il vescovo di Reggio Emilia Nicolò che, il 21 dicembre 1229 a Sant'Egidio della Muzza, fissò le condizioni per la sospensione delle ostilità. La pace così fortemente agognata non durò a lungo e già nel 1234 accadde l'episodio della deviazione delle acque del Panaro, ad opera dei Modenesi, i quali, sbarrato l'alveo del fiume nei pressi di Spilamberto, ritennero che le acque si sarebbero dirette verso Castelfranco e Piumazzo, distruggendoli. Accadde, invece, che, dopo un primo tratto percorso nella direzione voluta dai Modenesi, il Panaro riprese il suo corso naturale, dirigendosi verso San Cesario. I depositi di ghiaia e sabbia lasciati in questa zona dal fiume rovinarono i raccolti, mentre, intorno a Piumazzo e Castelfranco, le acque si dimostrarono utili per irrigare i campi. I Modenesi furono così beffati e danneggiati.

Nello stesso anno 1234, i Bolognesi non risparmiarono possedimenti modenesi come Solara, Nonantola e Panzano, mentre i Modenesi sfogarono il loro rancore su Piumazzo e Crevalcore. Nel 1237, comparve sulla scena di guerra l'imperatore Federico II di Svevia che, dopo aver vinto a Cortenuovo la Lega Lombarda, predispose il suo potente esercito per attaccare le altre forze guelfe. Nel 1239, cinse d'assedio Piumazzo e Crevalcore e li distrusse. Dieci anni dopo, il 26 maggio 1249 il Podestà di Bologna Filippo Ugoni, sostenuto dalle milizie dello Stato Pontificio, si diresse verso Modena, per conquistarla. Re Enzo (3), , figlio dell'imperatore Federico II, venne allora in aiuto ai Modenesi, scontrandosi con gli avversari nei prati della Fossalta.

Dopo un'aspra battaglia durata l'intero giorno, i Modenesi furono sconfitti e Re Enzo cadde prigionero. I Guelfi avanzarono e giunsero ad assediare Modena, ma visti vani i tentativi di espugnarla, abbandonarono l'impresa. Alla battaglia della Fossalta seguì un periodo di pace, che durò fino al 1293, quando divenne signore di Modena Azzo VIII d'Este, che riprese tosto le ostilità verso i Bolognesi. I Modenesi, mal sopportando, questo stato di cose, nel 1306 cacciarono Azzo da Modena e a questi subentrò, dopo alcuni anni Passerino Bonaccolsi, che prese possesso della città nel 1312. La situazione non mutò e, tra scorrerie e saccheggi operati da entrambe le parti, si giunse al 15 novembre 1325, giorno in cui i due eserciti di Modena e Bologna si affrontarono a Zappolino. Lo scontro ebbe inizio al vespro e si protrasse durante la notte. I Bolognesi, circondati dalle forze ghibelline condotte da Rinaldo d'Este e da Passerino Bonaccolsi non ebbero scampo e furono clamorosamente sconfitti. I Modenesi inseguirono gli avversari fin dentro Bologna e a porta San Felice, trovata una secchia di legna appesa ad un pozzo, se ne impadronirono, portandola a Modena come trofeo di vittoria. Oggi, nella Ghirlandina, se ne conserva una copia a disposizione dei visitatori, essendo l'originale custodito nel palazzo del Comune. L'episodio diede spunto al poema eroicomico "La secchia rapita" di Alessandro Tassoni (4),.

Dopo Zappolino, Modena e Bologna, separatamente, furono in lotta contro i Visconti (5) , che ambivano unire tutta l'Italia settentrionale sotto il loro dominio. Gli scontri coinvolsero Piumazzo nel 1358 e nel 1360. Allontanati i Visconti verso la fine del '300, i nobili e anche il papa, cominciarono ad affidare la difesa dei loro interessi ai soldati di ventura, che giunsero a partire dal 1367, dopo l'espulsione da Bologna del Legato pontificio. Nel 1420 i Bolognesi si ribellarono nuovamente al potere papale, il che indusse il papa Martino V (6) , che ambivano unire a inviare il capitano Fortebraccio da Montone (7) ,a sedare la sommossa. La resa dei vari castelli ribelli si concluse con la conquista di Monteveglio il 24 giugno dello stesso anno. A Fortebraccio rimaneva così da indurre alla resa solo Piumazzo, che fu tosto incendiato e distrutto.

Fino alla fine del '400 Bologna cercò di sostenere il suo avamposto con ogni genere di aiuti, ma ormai Piumazzo, anche a causa dell'affermarsi dell'uso della polvere da sparo e quindi delle artiglierie, che già avevano fatto la loro comparsa nella prima metà del '300 (8) , come ogni altro castello, andò via via perdendo la sua funzione di struttura bellica. Finì così per trasformarsi in un pacifico luogo di residenza, che soltanto il transito di truppe straniere come i Lanzichenecchi (9) , i Francesi e gli Spagnoli, o calamità naturali riuscirono a turbare.

A poca distanza da Piumazzo, ai margini dell'Autostrada del sole, si trovano le poche tracce del Castello di Canetolo o Castel Cannetolo, un castello - pare di origine longobarda - di cui si parla in una carta nonantolana del 1145. È citato anche in un atto di compravendita dei terreni della zona del 1181, custodito nell'archivio capitolare di Modena, da cui risulta che l'acquirente era i vescovo di Modena Ardizzone. Il toponimo deriva da "Cannitulum", che significa canneto. Il territorio di Canetolo dipendeva dalla pieve di Monteveglio ed entro le mura del castello esisteva una chiesa, citata nel 1366 col titolo di San Giovanni di Canetolo. Suggestiva è la descrizione che ci viene data dal Calindri nel 1789, insieme con il disegno del castello : "Casa colonica e teggio, vallo all'uso antico fatto di ghiaia e sassi fluviali, con rialzo dove dicesi per readeizione una chiesa, Canetolo 4 rialzi di terra di forma quadrata di 33 piedi di grossezza ".

A Canetolo era possibile arrivare anche per via d'acqua, poiché, secondo il Tiraboschi, di lì passava un canale detto la Fossa Navigata, di cui oggi non è possibile individuare il tracciato, che proveniva direttamente dal Panaro. Alla morte della contessa Matilde di Canossa, avvenuta nel 1115, tra Modena e Bologna si accesero quelle lotte che, per l'oggetto del contendere, e cioè le località situate fra il Samoggia e il Panaro, furono dette "guerre nonantolane". Modena e Bologna occuparono e perdettero, alternativamente, Nonantola, Bazzano, Savignano e Crespellano.

Canetolo e Monteveglio passarono sotto il dominio bolognese. Nel 1203, quando per contrastare l'avamposto modenese di San Cesario, si costruì il castello di Piumazzo, si sa che esso fu destinato anche a sostituire i castelli di Canetolo e San Marco, ridotti ormai allo stato di rovine. Essendo andato distrutto il loro castello, i Canetoli, feudatari della località si trasferirono a Bologna dove, a causa della loro indole irrequieta e violenta, per lunghissimo tempo furono al centro dei contrasti che travagliarono la città.

Cacciati da Bologna, continuarono a manifestare la loro aggressività anche al di fuori di essa, giungendo persino ad occupare Piumazzo. Nonostante gli aspetti negativi della loro condotta, i Canetoli erano ancora considerati molto influenti nel circondario tant'è vero che, nel 1298, a tutela della pace voluta nella zona di Piumazzo da papa Bonifacio VIII, fu nominato ambasciatore Saverio da Canetolo.

Nel VII secolo, giunse in Italia dalla lontana Irlanda un monaco di nome Colombano, che sarebbe poi assurto alla gloria degli altari. Era questi, nel tempo di sua vita terrena, uomo deciso e severo, fondatore di una delle più rigide regole della nostra religione e di una comunità di monaci che aveva sede sulle sponde del Panaro. Il suo aspetto e il suo atteggiamento erano tali da incutere timore anche ai barbari, cosicchè la primitiva comunità di San Colombano, forte del suo nome, ebbe modo di allargarsi. Nel tempo, fu cinta da mura e difesa da torri, assumendo fin dal X secolo l'autorità di castello. In seguito, appartenne a Matilde di Canossa, che la usò a difesa dei confini dei suoi vasti possedimenti verso Bologna. Morta la contessa nel 1115 il castello rapidamente rovinò e ciò che ne rimase fu usato per costruire il castello di Piumazzo.

In occasione della consacrazione della chiesa di San Giacomo di Piumazzo, il priore del monastero di Marola, alla cui giurisdizione apparteneva quello di San Colombano, ne assegnò la dipendenza al vescovo di Modena Dodone e ai suoi discendenti.

Piumazzo anno 1578

Archiginnasio di Bologna.

Nel 1559, San Colombano fu restaurato e reso più accogliente dai nobili Boccadiferro, ma agli inizi dell '800 sconsacrato da un pugno di soldati e mai più riaperto al pubblico fu adibito a stalla e a mulino pur rimanendo tuttora intatto e conservando affreschi di notevole fattura.



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(1) - Cfr. Nota 9 di Frassinoro

(2) - Federico II di Svevia (Jesi 1194-Castelfiorentino 1250), re di Napoli e di Sicilia (1208), re di Germinia (1215) e imperatore del Sacro Romano Impero (1220). Figlio di Enrico VI e di Costanza d'Altavilla, continuò la politica di Federico Barbarossa. Nel 1228, intraprese la crociata in Terrasanta e ottenne la restituzione di Gerusalemme, di cui si fece proclamare re. Combattè contro la Lega Lombarda e la vinse a Cortenuova (1237), ma fu da essa sconfitto a Fossalta (1249). Tenne splendida corte a Salerno. Fondò l'Università di Napoli.

(3) - Enzo (1220-1272) figlio naturale dell'imperatore Federico II, ricevette il titolo regale dal padre per il matrimonio con Adelasia, signora di Gallura. Partecipò alla guerra contro i Guelfi e, battuto nella famosa battaglia della Fossalta (1249), fu fatto prigioniero e portato a Bologna, dove restò sino alla morte.

(4) - Alessandro Tassoni (Modena 1565 - 1635) è l'autore del famoso poema eroicomico "La Secchia Rapita" (1622), in cui racconta burlescamente le vicende di una guerra scoppiata tra Modenesi e Bolognesi per il ratto di una secchia. Altre sue opere sono : "Dieci libri di pensieri diversi" (1608), "Filippiche contro gli Spagnoli" (1614-15).

(5) - Antica famiglia feudale milanese che tenne la signoria della città dal 1277 al 1477.

(6) - Oddone Colonna (1368 - 1431) fu eletto papa nel 1417 con il nome di Martino V. Sostenitore della supremazia pontificia sul potere conciliare, sciolse nel 1418 il Concilio di Costanza, riconvocandolo poi a Pavia nel 1423 e a Basilea nel 1431.

(7) - Nicolò Fortebracci detto Fortebraccio da Montone fu un famoso capitano di ventura al soldo di chi meglio lo pagava. Nel 1429, conquistò Volterra. Invase lo Stato Pontificio e con l'occupazione di Tivoli costrinse Eugenio IV a riconoscere il Concilio di Basilea del 1433.

(8) - La prima notizia dell'installazione di artiglieria sulle navi, risale al 1336, mentre è risaputo che gli inglesi usarono per la prima volta i cannoni, nella battaglia di Crëcy, nel 1346.

(9) - Soldati mercenari tedeschi del periodo rinascimentale componenti di un corpo simile alle compagnie di ventura.


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