Ermes |
Giuseppe |
Siamo nel 1944. Già da cinque anni infuria la più tremenda delle guerre fra tutti i paesi d'Europa e
d'oltremare. Il sangue scorre abbondantemente e migliaia, migliaia di vittime umane cadono; chi muore sul
campo di battaglia, chi sepolto fra le macerie della propria abitazione in seguito ad un bombardamento
aereo, chi vittima di vili attentati durante il sonno o durante il lavoro. Donne, bambini e vecchi
innocenti sono coloro che servono da ostaggio alle rappresaglie tedesche. A questo modo eravamo oppressi,
quando a squarciare queste tenebre di morte viene uno spiraglio di luce, verso il quale corre il popolo
italiano avido di libertà e di pace. Che cosa aveva fatto nascere in noi nuove speranze? La caduta di
quell'odiato regime fascista che ci aveva tenuti oppressi e schiavi per ben venticinque anni. E appunto
in quel giorno, 25 luglio 1943, dalle labbra degli antifascisti venivano pronunciate le parole da tanto
tempo trattenute : pace e libertà. Ma la liberazione dell'uomo di Predappio fece risorgere ancora una
volta un esercito, un piccolo esercito che si è macchiato e si macchia tuttora dei più atroci delitti.
L'8 settembre 1943, causa il tradimento della monarchia regnante, i tedeschi invadono liberamente il
territorio italiano. Uniti e protetti da costoro, i fascisti continuano imperterriti a sparger sangue
fratricida colla speranza di poter ancora una volta far soccombere il popolo italiano sotto la sua
dittatura di sangue. Ma non vi riusciranno, perché i migliori figli d'Italia si rifiutano di combattere
al loro fianco e se ne vanno parte sulle montagne, parte nascosti in pianura compiendo atti di sabotaggio
all'esercito tedesco per rendergli sempre più dura la lotta contro l'esercito alleato che avanza su tutti
i fronti. I partigiani, appunto questi giovani della montagna e della pianura uniti da un solo ideale,
compiono innumerevoli atti di valore e molti dei nostri migliori vi rimettono la vita. Le donne pure
danno il loro contributo alla lotta come staffette tenendo in collegamento i vari gruppi e comandi
partigiani. Si sono aperte ancora una volta le pesanti porte delle più orrende carceri e ancora una volta
i più terribili strumenti di tortura si bagnano di sangue. Già in quasi tutte le famiglie la nera barca
aveva lasciato il suo segno lugubre di morte e di dolore. Appunto le poche pagine che mi accingo
a scrivere narreranno in breve quelle che, nei pressi del paese di San Cesario S/P è stato fatto dalle
terribili brigate nere. Artioli Luigi il padre, Vandini Cleonice la madre, coi loro rispettivi figlioli
Ermes di diciotto anni e Giuseppe di sedici, erano i componenti di una famiglia che poche altre potevano
eguagliarla per la pace, l'amore e la serenità che in essa regnava. I ragazzi amavano intensamente i loro
genitori e questi, in compenso li adoravano. Il padre aveva tutte le qualità bastanti a un capofamiglia,
la madre, buona e pia donna, tutta protesa per il benessere della sua famigliola che si dedicava
serenamente al lavoro campestre, godendone, giustamente, il frutto del loro sudore. I due ragazzi alti e
robusti, forse anche un po' troppo per la loro età, erano di sollievo ai genitori nelle fatiche.
IL TRANELLO
Alla porta di casa di questa famiglia, il giorno 7 giugno, si presentarono due individui in borghese con
le scarpe da militare. Dagli indumenti che indossavano si credevano due sbandati, due fuggitivi dal fronte
come del resto in quei giorni se ne vedevano tanti. Il più giovane di questi chiese garbatamente :
- Signora, sareste tanto gentile da insegnarmi dove si trova una modesta trattoria chiamata "California"?
- Certo che lo so - rispose la donna. - Delle persone ci hanno detto che quell'oste è tanto buono da
offrire un piatto di minestra a coloro che si trovano nelle nostre condizioni, cioè senza soldi in tasca
e una fame da lupi. - Oh! - chiese la Cleonice - Siete scappati dal fronte ? - Siamo scappati da Torino
dove si era sotto il fuoco incessante dei bombardamenti : il mio amico è di Piacenza, nel passare dalla
sua città non abbiamo trovato nessuno dei suoi famigliari, l'abitazione era un cumulo di macerie e gli
abitanti periti sotto di esse. Io sono di Bologna e temo che la stessa sorte sia toccata ai miei genitori
perché la mia casa è situata in una via recentemente bombardata. - Poveri ragazzi! - esclama rattristata
la signora - Ho anch'io un figlio che fra pochi giorni dovrà partire per il servizio militare e se un
giorno dovesse trovarsi nelle condizioni vostre sarei grata a coloro che offrissero con che rifocillarsi.
Volete quindi accettare un piatto di pastasciutta? - Volentieri signora e ve ne saremo grati; però questo
mio compagno è ammalato e può mangiare solo al burro - Ebbene - riprese la donna - Posso andare a prendere
un piatto di riso al burro alla trattoria. - Grazie, signora! Non avremo mai parole bastanti per
ringraziarla; io mi chiamo Zamboni Gastone il mio compagno Elboni Italo. Così detto entrarono e, dopo
essersi scusati del disturbo che avrebbero recato, si sedettero alla tavola, modestamente imbandita,
su cui fumava una teiera colma di minestra che stuzzicava acutamente l'appetito. Mangiarono, parlando
del più e del meno, come si suole fare fra familiari. Poi, giacché questi ragazzi davano segni di grande
stanchezza, l'Artioli gentilmente disse : - Se volete riposarvi un po' salite pure in camera, potete
servirvi del letto dei miei figli. - Signora - risposero in coro i due giovani - Non rifiutiamo giacché
da parecchi giorni camminiamo a piedi e quindi non vediamo l'ora di toglierci le scarpe. Artioli, data
un'occhiata alle scarpe, si fece un po' oscuro in viso pensando che quelle scarpe, prettamente militari,
sarebbero state ben presto riconosciute, quindi reso difficile il proseguire degli sbandati. Formulato
il parere di lucidarle ben bene e di levarne i chiodi, i due raccolsero contenti, dopo di che salirono
alla camera che era stata loro assegnata. Era trascorsa mezz'ora circa che erano andati a coricarsi,
quando gli Artioli, intrattenutisi un po' in cucina a parlare dei loro affari, si videro presentare lo
Zamboni, quello che parlava sempre anche a nome del compagno. - Sentite, - disse - E' tanto grande
l'ansia di vedere i miei genitori che non sono riuscito a chiudere occhio; tristi presentimenti dicono
che non li debba più rivedere ...... : da otto mesi sono privo di notizie. - Ma no! Speriamo non sia loro
accaduto nulla - ribatté pronto l'Artioli rincuorando quel giovane che sembrava soffrisse atrocemente.
- Ad ogni modo - continuava - fra poche ore avrete la possibilità di disingannarvi e, in un lungo
abbraccio di mamma e babbo, dimenticare queste ore terribili d'angoscia. Giacché proprio siete decisi a
partire subito e non avete denaro, vi daremo cinquanta Lire ciascuno e un pacchetto di sigarette;
fra un'ora poi, mio figlio vi accompagnerà alla stazione che si trova poco lungi da qui; quel treno
vi porterà a Bazzano, di li proseguirete direttamente per Bologna. Infatti verso le 15,30,
Ermes li accompagnò a quella data stazioncella chiamata "Ponte Rosso" e pagò
loro il biglietto salutandoli.
I due giovani salutarono, ringraziando infinitamente promettendo che sarebbero ritornati presto a
trovarli ricompensandoli per tutte le premure che avevano avuto per loro.
IL DELITTO
I giorni seguenti passarono calmi senza alcun nuovo avvenimento. Ma ecco la notte dal 13 al 14 giugno
accadde un fatto inaudito e terribile : le limitate possibilità della mia mente non potranno mai far
comprendere ai lettori quello che accadde a coloro che fecero tanto bene al prossimo. Nella vita infatti,
spesso si è mal ricompensati nelle buone azioni che si compiono, come appunto questa famiglia la cui
generosità fu pagata coll'omicidio, togliendo a questi due poveri genitori il sostegno della loro
vecchiaia, ciò che avevano di più caro, di più sacro al mondo : i loro figliuoli. A sedici e diciassette
anni, quando più bella sorride la vita, dover morire fra gli strazi e i tormenti delle più orrende
torture, in balia di uomini dal cuore di marmo e della ferocia pari a quella di una belva. Solo chi
conosce l'amore filiale potrà comprendere il dolore straziante di quella madre alla vista delle sue
creature sottoposte a tante umiliazioni. Ma che cosa avevano compiuto di male ? - mi chiederete - nulla
vi rispondo : la loro più gran colpa fu quella dell'assistenza a quei due miserabili.... Era l'una di
notte, la luna dall'alto del cielo si era nascosta dietro una nube quasi per non essere spettatrice di
quello che stava per succedere. Nei pressi della casa della famiglia suddetta, si fermò un camion su
cui vi si trovavano circa 50 agenti comandati dal vicebrigadiere Zamboni, colui che giorni prima, in
casa dell'Artioli, qualificavasi per sbandato; scesi dal mezzo circondarono la casa sua, quelle vicine
poi, con voce calma e dolce chiamarono - Artioli !..... Artioli !..... mentre Luigi, mezzo assonnato,
chiedeva chi era, uno dal basso rispose : - Sono Zamboni scendete subito ad aprire. Vi avverto
però che avete la casa circondata : ad ogni tre metri vi è un agente e davanti alla porta due
mitragliatrici puntate, quindi è vana ogni resistenza. Il buon uomo, che nulla sospettava, credendo
queste parole uno scherzo scese subito ad aprire. La madre, nel mentre, andò nella camera dei figliuoli
e al maggiore che dormiva placidamente inconsapevole di ciò che stava per succedere : - Ermes
- disse la donna col singhiozzo in gola, - Svegliati, non hai sentito ? Hanno bussato : saranno certamente
i tedeschi che cercano dei giovani e ti vengono a prendere due giorni prima della tua partenza. - No
mamma, non ti preoccupare - rispose il ragazzo con una calma propria di coloro la cui coscienza è scevra
da ogni colpa - E' Zamboni; sarà di passaggio e approfitta della nostra conoscenza. Chiederà ospitalità
per questa notte . La donna non rimase persuasa; l' istinto materno le faceva presentire che quella
doveva essere l' ultima volta che abbracciava i propri figli. Li baciò teneramente ambedue e, dopo un
sospiro, cogli occhi rivolti al cielo, esclamò: - Signore, proteggeteli; fate che io gli abbia sempre
sani e buoni vicino a me! Invece doveva essere propria quella l'ultima volta che la povera donna
abbracciava i propri figli, perché poche ore dopo cadevano sotto i colpi tremendi di quei barbari.
Appena il padre dei due ragazzi aprì la porta, il brigadiere gli intimo : "Mani in alto", indi perquisendolo,
gli chiese:
- Mi conoscete ? - Non ci vedo. - rispose Luigi - E' buio - . - Accendete la luce - comandò l'altro con
arroganza. Il pover'uomo, confuso per tutto quello che succedeva, ubbidì e, nell'atto stesso che si
fece luce, ricevette un ceffone che gli fece battere una tempia contro al muro, in modo tale che subito
ne uscì un rivoletto di sangue. Dopo di che si presentò anche Alboni chiedendogli la stessa cosa, e alla
risposta affermativa, egli si sentì arrivare un altro ceffone che lo fece ruzzolare al suolo. Per un
granatiere forte, che aveva combattuto nella guerra del '15-'18 guadagnandosi tre decorazioni al valor
militare, l'essere sottoposto a tali umiliazioni senza muoversi, solo perché gli altri erano armati fino
ai denti, deve essere stato uno sforzo grandissimo. Il Zamboni non perdeva tempo: diede ordine ai suoi
agenti di perquisire minuziosamente la casa ..... - Ogni angolo - diceva - Ogni ripostiglio, capovolgete
i mobili: mettete tutto sottosopra! - Poi rivolgendosi agli Artioli, che si erano già tutti alzati, disse :
- Dovete dirmi dove si trovano le bande dei ribelli, essendo voi favoreggiatori degli sbandati, sapete
certamente dove vanno a finire i fuggitivi dal fronte che sfamate quando passano per da casa vostra.
- Non potete certo negare che pochi giorni fa avete ospitato io e il mio agente qui presente, perché
ci siamo presentati sotto l'aspetto di due sbandati : quindi voi, agendo in questo modo, volete
sottrarre costoro al dovere che ora impone la repubblica fascista, di conseguenza avrete nascoste armi
e munizioni con le quali i vostri figli aiutano i loro complici con atti di sabotaggio. E, mentre così
parlava, continuava a schiaffeggiare Luigi. Il povero uomo, che nulla di questo sapeva, rispondeva sempre
negativamente col capo, infine disse: - Se vi ho ospitato, l'ho fatto perché un senso paterno me lo ha
suggerito; io non appartengo a nessun partito: per me sono tutti uguali. Il mio desiderio è quello
dell'uguaglianza, e del lavoro. Intanto gli agenti che perquisivano la casa si impossessavano di
cinquecento lire, un braccialetto d'oro, un'accendisigari e tant'altre cosucce che facevano loro comodo.
Credevano, quegli sbirri, di trovare un arsenale di armi, invece non trovarono nulla; scesero in cucina
imbestialiti e lì cominciò la tortura per il padre e per i ragazzi. In presenza della madre, che
singhiozzando assisteva alla terribile scena, li ammanettarono poi gettavano addosso ai poverini tutto
quello che capitava loro sottomano. Più tardi poi lo Zamboni accompagnava i rimbombanti colpi dei fucili
mitragliatori sui corpi dei martiri con queste parole : - Pagherete cara la vostra bontà!..... Vi leveremo
le unghie, vi saranno inoltre tagliate le mani, le gambe e le braccia. E prosegue rivolgendosi al padre :
- Le medaglie che vi siete guadagnate nell'altra guerra e che non avete consegnate alla patria, serviranno
per fabbricare le pallottole da uccidervi quando saremo stanchi di torturarvi. - Detto questo gliele gettò
in viso. Non stanchi di questo, incominciarono a beffeggiarlo perché appesa ad una parte vi era un'immagine
della Madonna con scritto una preghiera per i nostri soldati. - Dovreste vergognarvi - riprese lo Zamboni
- a tenere in casa questo quadro : invocate per loro la protezione in preghiera per poi tradirli con le
opere. Detto questo strappò l'immagine e la gettò a terra - No! - si difese Luigi - Non cerchiamo la morte
di nessuno, noi. Non potette però dire altro che gli venne assestato un poderoso pugno alla mandibola.
- Tacete - gli imposero a più voci - Siete ribelli! E farete la fine che meritano i traditori della
repubblica e dell'esercito tedesco. Poi, quei malviventi, ridendo sgarbatamente, urlavano : - Ora, viene
il bello! Ora viene il bello! - e rivoltisi al figlio minore Giuseppe gli comandarono : - Tu vieni con
noi ad insegnarci dove si trova quella bottega chiamata "California" e tu - rivolgendosi al padre
- dammi la tua cintura : comprendo che ti sarà ben seccante dover consegnare la cinghia per legare ben
strette le mani di questo tuo pollastrello. E tu cammina! - urlò Zamboni trascinandolo fuori con modi
alquanto bruschi. Poi impartendo gli ordini : - Dieci di voi restino qui e cerchino di fare cantare
questi mentre io vado da quel famoso oste. Al ragazzo che, docile come un agnellino circondato dai lupi
famelici, camminava a capo basso, gridavano : - Corri gingillo - mentre le più insensate bestemmie
uscivano da quelle bocche. Giunti che furono alla "California", gli intimarono : - Chiama l'oste e cerca
di non far rumore perché tu stesso ne sopporterai le conseguenze. Il ragazzo chiamò con una voce così
tremante che l'oste, intuendo qualcosa di losco, dato che in quel momento ne succedevano sempre delle
belle, pensò bene di svignarsela approfittando di un'uscita sita nella parte posteriore della casa.
Nel frattempo gli sbirri (così li chiamo io), spazientiti per quei secondi di ritardo, cominciarono a
sparare furiosamente contro la porta, sicché la moglie dell'oste non poté avvicinarsi senza che la sua
mossa riuscisse fatale. Lo Zamboni, quando vide che nessuno si faceva vivo, scatenò la sua ira sul
malcapitato ragazzo; diè di piglio ad una bottiglia trovata nel retrobottega e con quella sferrava un
formidabile colpo alla nuca. Poi rivolgendosi alla moglie dell'oste che si era alfine presentata sulla
porta : - Voi signora pagherete per vostro marito; lui ci è sfuggito, ma voi siete in nostro potere.
- Seguiteci! - la povera donna, benché a malapena riuscisse a calmare i suoi tre figlioletti impauriti
da quel baccano, fu costretta a vestirsi ed a seguirli. Intanto quei malviventi sferravano colpi tremendi
sul corpo di Giuseppe, chi col calcio del fucile, e chi con bottiglie piene di vino, sicché il poverino
perdeva sangue in abbondanza. Era ormai l'alba e, dato che il brigadiere di giorno voleva riposare,
spinse il ragazzo sulla strada e gli comandò : "vai". Il poverino fece appena in tempo a fare pochi passi
che, avendolo una scarica di fucili colpito parte al fianco destro e parte alla schiena, precipitò bocconi
nel fosso, fiancheggiante la strada. Le ore di spasimo e di agonia che quel povero ragazzo trascorse in
quel fosso, sono indescrivibili; lascio libero campo all'immaginazione dei lettori..... Gli agenti poi,
dopo averlo cercato ma invano, perché gli sterpi e l'erba l'avevano coperto, si avviarono verso la casa
degli Artioli, per comunicargli il bel colpo fatto al figlio e giustiziare i rimasti. Infatti, giunti che
furono incominciarono a torturare Ermes. Preso un coltello gli raschiarono le sopracciglia, i baffi, lo
circondarono con canne di fucili e lo fecero uscire di casa. A tale vista la madre emise un urlo
straziante chiamando il figliuolo; ma ecco accorrere un agente ad imbavagliarla. Il ragazzo poi aveva
fatto pochi passi lontano dalla porta che si sentì un comando : "Sgancia!" una sparatoria infernale e
l'urlo del ragazzo - "Mamma!" - . Ultima sua parola : ultima sua invocazione poi stramazzò al suolo.
Lo Zamboni vedendo che sgambettava ancora per paura che non fosse morto e potesse ancora parlare,
gli diede un colpo al cranio con la canna del fucile mitragliatore e gli fece uscire fuori le cervella.
Dopo di che il poverino diede un ultimo sgambetto e rantolando spirò. E' da figurarsi lo stato d'animo
dei genitori a tale vista; parevano due statue: il dolore li aveva pietrificati. Ritornarono alla realtà
quando uno di quelli sgherri ordinò loro di seguirli e all'invocazione della donna (liberata del bavaglio) :
"Signore aiutateci!", con un ghigno feroce le urlò in viso : - Certo, vi aiuterà quando vi avremo
fucilati. Poi li prese ambedue a calci, li spinsero sul camion e li condussero al Comando di Questura
Repubblicana di Vignola dove subirono le più tremende torture. E' da ammirare il coraggio di alcuni
vicini che, appena visto che era tornata la calma, corsero a soccorrere Giuseppe. Questi, benché fosse
in tristi condizioni, ricordava tutto, capiva la sua situazione e ad una ragazza accorsa con gli altri
diceva tra un sospiro e l'altro : - Prevedevo la mia fine! Con la testa rotta, un fianco e l'intestino
forati, non c'è molto da sperare. - Dimmi dei miei...... che cosa hanno fatto di mio padre .... Di mia
madre .... Di mio fratello ? La ragazza cercava tutti i modi per tranquillizzarlo, ma non riusciva a
tale intento; cercò allora di fagli bere un po' di cognac, ma presone un sorso, non riuscì a trangugiarlo
e gli uscì dalla bocca misto a sangue. Le sue condizioni peggioravano sempre più, si pensò di tentare di
condurlo all'Ospedale del paese vicino, usando un carretto che era a portata di mano, dato che dalla
strada non passava alcun mezzo. Ogni mossa che gli facevano fare era un gemito, ma essi benché provassero
dolore, cercavano di far presto, per timore che i nemici avessero a ritornare. Il compito più arduo però,
cioè quello di condurlo all'Ospedale rimase alla ragazza, poiché gli altri si ritirarono nelle proprie
case per timore di incorrere in disgrazia. Questi sgherri infatti, non essendo ancor sazi di delitto
ritornarono sul posto dove sapevano di aver sparato a Giuseppe. Già la ragazza stava per avviarsi col
carretto, quand'ecco il camion fermarsi. Gli sgherri, appena videro la loro vittima, mandarono grida di
gioia, pregustando il piacere di nuove torture. Gli s'accostarono e gli puntarono le rivoltelle dicendo
- Ti cureremo, poi ti faremo la festa! Lo presero e con modi alquanto sgarbati, benché lui si lamentasse,
lo buttarono sul camion a guisa di sacco. Alla ragazza presente furono rivolte le più sconce parole, poi
cercarono di impaurirla sparando per aria alcuni colpi di rivoltella, ma essa trovò la forza di rimanere
sul posto, dicendo che avrebbe accompagnato il disgraziato. Durante il tragitto ogni sbalzo del camion
faceva emettere un urlo di dolore al sofferente, cosa che allo Zamboni dava fastidio e credette bene di
colpirlo col calcio del fucile nella posizione del cuore per farlo tacere. Il poverino infatti svenne dal
dolore e stette in tale stato fino all'Ospedale dove spirò poche ore dopo senza poter ancora una volta
abbracciare i genitori che tanto adorava. Questi intanto, inconsapevoli di tale sciagura, languivano in
una cella sotterranea ben guardata da sgherri. Tre giorni dopo furono rilasciati. Tornati a casa trovarono
tutto deserto, tutto sottosopra, molta roba era stata rubata dai briganti neri. Ma il dolore più grande
era quel vuoto incolmabile che si sentivano alla mancanza dei loro figlioli che giacevano ambedue al
Camposanto. Dopo essere stato due giorni per terra al sole, Ermes fu condotto al Cimitero sopra ad un
birroccio trainato da un cavallo, accompagnato da alcuni parenti ed amici, senza bara perché le autorità
non avevano dato il permesso. La salma poi rimase alcuni giorni nella camera mortuaria e solo quando fu
in avanzata putrefazione fu possibile collocarla in una bara e seppellirla accanto a quella del fratello
Giuseppe. I genitori, con santa rassegnazione, aspettano il momento che l'Italia libera faccia si che il
loro sangue sia giustamente vendicato.
La lapide |
Il cippo |
La lapide di Ermes |